La pubblicita' nei siti Internet, un male necessario

25/04/2010 | Redazione VL | 0 commenti

Quanto segue e' la rielaborazione di un mio messaggio inserito pochi giorni fa nel forum di un altro sito.

La pubblicità nei siti Internet e' una rottura di scatole. Certo, come si può non essere d'accordo? Pero'...

Capisco che sia una rottura, ma avere un sito costa: molto tempo e a volte molto denaro. Devi pagare l'hosting (la ditta che tiene acceso 24 ore al giorno il computer che ospita il tuo sito), il nome di dominio (quel "viaggiareleggeri.com", "corriere.it" o "partireper.it" che compare nell'indirizzo del sito), più varie ed eventuali. Per esempio, il fornitore di hosting potrebbe farti pagare dei sovrapprezzi a seconda della quantità di banda passante utilizzata, quindi più visitatori riceve il sito = più costi da pagare.

E non abbiamo ancora parlato della questione morale: chiunque abbia un sito dedicato ai viaggi, compreso me, crea dei contenuti, spesso originali e utili: articoli e guide che possono fornirti l'idea per un viaggio, rassicurarti nella sua organizzazione, darti i dettagli necessari per evitare un imprevisto. Tu che leggi utilizzi quei contenuti, e il titolare del sito non ti chiede di pagare per il tempo che ha impiegato a scrivere, scattare foto e prepararle per la pubblicazione, oppure cercando tra le ricevute di un viaggio per rispondere a chi gli chiede quanto costi la Nutella ad Auckland o il WD-40 a Caracas.

Per questo sito, se devo scrivere un'articolo originale basato su riflessioni personali impiego mediamente un'ora. Lo so, penso lentamente.

Se invece si tratta di scrivere qualcosa che richieda ricerche (tipo l'articolo su uno sciopero negli aeroporti inglesi e sulla conseguente cantonata presa da un grosso sito di viaggi, che ha fornito la data sbagliata per lo sciopero) possono volerci anche varie ore, per trovare una risposta definitiva o per risalire alla fonte originale di una notizia. In molti casi un "blogger", quindi un autore non professionista, impiega più tempo e mette più attenzione nel controllare quel che scrive, rispetto a tanti "giornalisti professionisti" stipendiati.

Le pubblicità che vedete sui siti sono un modo per cercare di coprire le spese, e in alcuni casi per sostenersi economicamente durante un viaggio o un periodo di disoccupazione (e tra breve verificherò di persona entrambe queste condizioni). Gli spazi pubblicitari che si incontrano più di frequente sono quelli di Google Adsense, e c'e' un motivo: almeno nel mio caso si tratta dell'unico sistema pubblicitario col quale riesco a guadagnare qualche spicciolo (e per avere un'idea di quanto possa rendere Adsense per un utilizzatore normale, leggete questo post nel blog di Partireper.it). Negli ultimi dieci anni ho provato Adsense, CJ (Commission Junction), Adbrite, Clicksor, TradeDoubler, Chitika, Linkshare, e con tutti gli altri fornitori, a parte Adsense, non riuscivo a guadagnare più di pochi centesimi ogni settimana, quando andava bene, ritrovandomi oltretutto con pubblicità non attinenti al contenuto del mio sito.

In breve: andiamo in Rete, leggiamo gratis cose che, se fossero pubblicate su un giornale, dovremmo pagare, e ci lamentiamo anche per la pubblicità che tra l'altro nessuno ci obbliga a cliccare? Anziché lamentarci, sarebbe il caso di godersi la situazione: prima o poi saremo costretti a pagare, per leggere contenuti di qualità.

Argomenti: giornalismo, Google, pubblicità, siti Internet

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