Colonie italiane, francesi e britanniche

Note sull'eredità culturale lasciata degli occupanti

27/11/2012 | Claudio_VL | 0 commenti

No, non parliamo dei villaggi-vacanze aziendali, tradizionale meta delle vacanze estive per tanti bambini italiani negli anni Settanta. Parliamo invece del colonialismo, ma per una volta in chiave leggera. E brevemente, perche' e' quasi ora di preparare cena, in Italia.

Le donne cambogiane sono dotate di una naturale eleganza, anche quando pedalano sulle loro biciclette nel torrido caldo di Siam Reap. Sembrano francesi. Sono francesi, in minima parte, come tradizioni.

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Camminare nel centro di Saigon (HCMC, come la chiamano i locali) e' come passeggiare in una citta' francese. Se non bastano gli edifici - musei e teatri, o anche solo palazzi - a ricordarvi la Francia, basta entrare in uno dei tanti caffe', popolari come nella vicina Cambogia, e vi sentirete in Europa, nonostante siano trascorsi trentacinque anni dalla fine dell'ultima dominazione occidentale. E, come nei caffe' francesi, vi potra' capitare di sentire un classico di Mina o di Paolo Conte, tuttora piu' popolari oltralpe che da noi.
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Avevo un coinquilino inglese, anni fa. Era giovane, meno di trent'anni, ma aveva gia' percorso due volte il periplo dell'Africa in moto. Una volta parlammo di ex-colonie italiane e britanniche, di Kenya ed Etiopia. Diceva d'essere amareggiato, perche' gli etiopici mangiavano ancora pasta cinque volte al giorno, decenni dopo la fine dell'Impero Italiano d'Africa, mentre i kenyani avevano abbandonato tutte le abitudini alimentari britanniche cinque minuti dopo aver ottenuto l'indipendenza...

Il miglior umorismo britannico. Autoironico e consapevole.

Argomenti: Africa, Cambogia, umorismo, Vietnam

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