Viaggio a Taiwan 2016, 7° giorno: Hualien, Ruisui e i territori aborigeni
Aborigeni Amis, Stonehenge taiwanese, tempio giapponese
24/10/2016 | Claudio_VL | 0 commentiSettimo giorno del viaggio a Taiwan, e' sabato 22 ottobre. Siamo a Hualien, ieri sera abbiamo mangiato e bevuto con parenti e siamo andati a dormire troppo tardi oggi, infatti alle nove, l'ora in cui avremmo dovuto partire, siamo in piedi solo in tre, anziché tutti e 11 (moglie, suocera, cognate/i, nipoti). Oggi andremo verso sud, lungo la costa orientale e turistica di Taiwan, e ci fermeremo a dormire in un hotel/B+B/guest house.
Il bed & breakfast di Bradley e Bridget è a Beipu, poco fuori da Hualien, a circa un chilometro da una base delle Forze aeree taiwanesi. Di solito la mattina ci si sveglia grazie a F-16, Mirage o al "caccia indigeno" Ching-Kuo (il nome di un ex presidente taiwanese), ma devono aver cambiato direzione di decollo, stamattina non ho visto nessun aereo.
Il B+B, dicevo. Pianterreno con salotto e cucina/sala da pranzo (e gabinetto), poi due piani, ciascuno con due camere da letto e 1 bagno/doccia. Hualien ha oltre centomila abitanti, probabilmente 100 miliardi di insegne luminose, oltre 30 gradi di temperatura, in questi giorni di ottobre. Sembra faccia molto più caldo per via dell'umidità, siamo circa 70km a nord del Tropico del Cancro, e il clima è subtropicale umido.
Partiamo in due auto, sette (noi vecchi) su una lunga Toyota, le due coppie giovani (nipoti e fidanzate) su un'altra Toyota piu' piccola. Siamo sulla strada 193 che passa in territorio aborigeno, qui siamo nella provincia degli Amis. Visitiamo templi e luoghi pittoreschi. Scattiamo foto. Pochi "selfie", tante foto di gruppo, il senso della famiglia dei taiwanesi e' ancora forte.
Pochi minuti fa, mentre eravamo tutti fuori da un tempio, Kate - la fidanzata di Duncan, uno dei miei nipoti - mi ha chiesto se poteva dirmi una cosa. Presente mia moglie, mi ha detto che somiglio a Tom Cruise, il che è divertente e istruttivo per vari motivi. Istruttivo, perché dimostra ancora una volta come sia difficile cogliere le differenze e gli elementi caratteristici di qualcuno al di fuori del nostro gruppo (etnico, di eta', di altezza, etc.)("racial effect" o riconoscimento intergruppo); anni fa, sempre a Taiwan, qualcuno mi disse che somigliavo a Jason Statham, e immagino la stessa cosa succeda ad ogni occidentale in visita in Estremo Oriente: tutti gli occidentali si somigliano. Divertente perché ho pochi capelli in testa, e quelli che avevo erano più chiari di quelli di Tom Cruise, che e' piu' basso, ha una corporatura piu' "solida", lineamenti differenti. Divertente, infine, perché Kate è alta, magra, carina, con zigomi pronunciati e grandi occhioni, e ricorda davvero, lei si' una star hollywoodiana: sembra Angelina Jolie da giovane.
Mia moglie è ancora piegata in due dal ridere, pensando a me e a Tom Cruise.
Continuiamo l'escursione nel territorio degli Amis. Ci fermiamo ad un tempio con dei totem e con dell'acqua apparentemente "good for health", obbligatorio lavarsi le mani qui.
(a sinistra: l'acqua dotata di virtù sanatorie/mistiche/magiche. Se stai ridendo, immagino farai lo stesso di fronte all'acqua santa...)
Visitiamo il "tempio giapponese", un tempio (credo recente) ispirato alla spiritualità giapponese. Ci sono statue e immagini di dei appartenenti a fedi differenti: il Buddha, leoni tipici dei tempi cinesi, la statua di una dea con 18 braccia che sembra più indù che buddista, taoista o scintoista. Dopo 742 foto di gruppo con parenti, amici, fidanzate, con questa e quella statua e portale e fiore come sfondo, ce ne andiamo.
Pranzo. Il villaggio in cui ci fermiamo a mangiare si chiama Dafu, il ristorante di fronte a cui parcheggiamo mi fa tornare in mente una domanda che non ho ancora posto a nessuno dei miei compagni di viaggio: se tutte le case sembrano ristoranti, come fai a riconoscere un ristorante vero? Le porte dei ristoranti, come quelle delle case, sono spesso scorrevoli o a serranda. I portici davanti a tanti ristoranti sono anche davanti a tante case. Trovare la parola "Restaurant" e' una cosa che potete sognarvi. Bridget risponde, mia moglie fa da interprete, ma la parola che dice non ha bisogno di traduttori: "Google", dice, indicando il suo tablet. Ero convinto che i taiwanesi avessero un innato senso dell'orientamento che li porta a trovare ristoranti tipici in posti che non hanno mai visto...
Per dare un'idea di quanto sia piccolo questo villaggio, Dafu: non c'è neppure un 7-Eleven, o un Family Mart, cosa più unica che rara a Taiwan. Ma magari ce n'è uno dietro l'angolo.
Proseguiamo e andiamo a mangiare un gelato alla Hualien Sugar Factory, una storica "fabbrica" per la produzione dello zucchero. Un cono gelato grande costa 55 TWD, un po' meno di 1,5 euro. Cioccolato e vaniglia, poco saporito.
Guidiamo ancora verso sud, fino al Da Nong Da Fu Forest Park (coordinate 23.614239,121.41553), dove troviamo varie installazioni artistiche molto belle. Una è soprannominata dai locali la "Stonehenge taiwanese", anche se è fatta di tronchi d'albero e non di massi di pietra.
Ripartiamo, in auto si parla di servizio militare, viene fuori che io e mia suocera ottantenne siamo gli unici a non aver mai sparato con un'arma da fuoco, visto che pure la mia mite moglie ha fatto gli esercizi obbligatori di tiro col fucile, ai tempi delle superiori. Da quei tempi la vita a Taiwan è cambiata molto, il servizio militare è sceso a 12 mesi, e credo non si impari più ad usare le armi, a scuola.
Arriviamo a Ruisui, città di dodicimila abitanti, sempre in territorio aborigeno (tribù Amis). Raggiungiamo il Lin's Inn, la casetta di tre piani che abbiamo affittato, e prima ancora che mia moglie mi dica il conto (12.000 TWD, circa 350 euro per una notte, cifra alta, che diventa pero' ragionevole considerato che siamo in 11), capisco che è un posto di lusso: curatissimo, arredato con amore, precisione e stile. Scarichiamo i bagagli, scegliamo le stanze, usciamo.
Sono quasi le cinque e andiamo alla stazione termale locale (Ruisui Hotspring), dove ci rilassiamo nell'acqua calda, caldissima, nella sauna, bagno turco e - io - nella più comune delle piscine, dove nella penombra del tramonto riesco a sopravvivere a 34 vasche nonostante stanchezza e scarsa forma fisica. Dopo un'ora e mezza usciamo, e se gli spogliatoi non mi avevano impressionato per qualità, mi colpisce quel che vedo fuori: tre asciugatrici (tipo lavatrici) per asciugare il proprio costume da bagno. Si usano, nelle piscine e terme italiane? Non saprei.
Tra l'altro, all'ingresso delle terme avrei dovuto comprare una cuffia, ma essendo diversamente tricotico (© Stefano Tartarotti), mi hanno detto che posso farne a meno.
Prima di tornare al nostro appartamentone in affitto (dove contiamo di preparare una bella cena hot pot), ci fermiamo in un supermercato a comprare dessert e vino. Riesco a trovare un Sangiovese italiano, indicazione geografica tipica, a 355 TWD (10 euro). Torniamo al Lin's Inn, prepariamo la cena, andiamo a dormire. Mezz'ora prima di mezzanotte salta il contatore, con l'aria condizionata accesa in tutte le stanze, tre docce in funzione e (probabilmente) una trentina di dispositivi sotto carica (io contribuisco con laptop, fotocamera, cellulare, pacco batteria, tablet di mia moglie). Bradley (cognato) ed io non riusciamo a sistemare il problema, poi arriva Jesse, la proprietaria, che resetta il tutto e ci rida' l'aria condizionata. Mi metto a scrivere e a preparare fotografie nell'angolo-ufficio della nostra bella suite. Non mi dispiacerebbe vivere in una casetta cosi'.
Continuiamo l'escursione nel territorio degli Amis. Ci fermiamo ad un tempio con dei totem e con dell'acqua apparentemente "good for health", obbligatorio lavarsi le mani qui.
(a sinistra: l'acqua dotata di virtù sanatorie/mistiche/magiche. Se stai ridendo, immagino farai lo stesso di fronte all'acqua santa...)
Visitiamo il "tempio giapponese", un tempio (credo recente) ispirato alla spiritualità giapponese. Ci sono statue e immagini di dei appartenenti a fedi differenti: il Buddha, leoni tipici dei tempi cinesi, la statua di una dea con 18 braccia che sembra più indù che buddista, taoista o scintoista. Dopo 742 foto di gruppo con parenti, amici, fidanzate, con questa e quella statua e portale e fiore come sfondo, ce ne andiamo.
Pranzo. Il villaggio in cui ci fermiamo a mangiare si chiama Dafu, il ristorante di fronte a cui parcheggiamo mi fa tornare in mente una domanda che non ho ancora posto a nessuno dei miei compagni di viaggio: se tutte le case sembrano ristoranti, come fai a riconoscere un ristorante vero? Le porte dei ristoranti, come quelle delle case, sono spesso scorrevoli o a serranda. I portici davanti a tanti ristoranti sono anche davanti a tante case. Trovare la parola "Restaurant" e' una cosa che potete sognarvi. Bridget risponde, mia moglie fa da interprete, ma la parola che dice non ha bisogno di traduttori: "Google", dice, indicando il suo tablet. Ero convinto che i taiwanesi avessero un innato senso dell'orientamento che li porta a trovare ristoranti tipici in posti che non hanno mai visto...
Per dare un'idea di quanto sia piccolo questo villaggio, Dafu: non c'è neppure un 7-Eleven, o un Family Mart, cosa più unica che rara a Taiwan. Ma magari ce n'è uno dietro l'angolo.
Proseguiamo e andiamo a mangiare un gelato alla Hualien Sugar Factory, una storica "fabbrica" per la produzione dello zucchero. Un cono gelato grande costa 55 TWD, un po' meno di 1,5 euro. Cioccolato e vaniglia, poco saporito.
Guidiamo ancora verso sud, fino al Da Nong Da Fu Forest Park (coordinate 23.614239,121.41553), dove troviamo varie installazioni artistiche molto belle. Una è soprannominata dai locali la "Stonehenge taiwanese", anche se è fatta di tronchi d'albero e non di massi di pietra.
Ripartiamo, in auto si parla di servizio militare, viene fuori che io e mia suocera ottantenne siamo gli unici a non aver mai sparato con un'arma da fuoco, visto che pure la mia mite moglie ha fatto gli esercizi obbligatori di tiro col fucile, ai tempi delle superiori. Da quei tempi la vita a Taiwan è cambiata molto, il servizio militare è sceso a 12 mesi, e credo non si impari più ad usare le armi, a scuola.
Arriviamo a Ruisui, città di dodicimila abitanti, sempre in territorio aborigeno (tribù Amis). Raggiungiamo il Lin's Inn, la casetta di tre piani che abbiamo affittato, e prima ancora che mia moglie mi dica il conto (12.000 TWD, circa 350 euro per una notte, cifra alta, che diventa pero' ragionevole considerato che siamo in 11), capisco che è un posto di lusso: curatissimo, arredato con amore, precisione e stile. Scarichiamo i bagagli, scegliamo le stanze, usciamo.
Sono quasi le cinque e andiamo alla stazione termale locale (Ruisui Hotspring), dove ci rilassiamo nell'acqua calda, caldissima, nella sauna, bagno turco e - io - nella più comune delle piscine, dove nella penombra del tramonto riesco a sopravvivere a 34 vasche nonostante stanchezza e scarsa forma fisica. Dopo un'ora e mezza usciamo, e se gli spogliatoi non mi avevano impressionato per qualità, mi colpisce quel che vedo fuori: tre asciugatrici (tipo lavatrici) per asciugare il proprio costume da bagno. Si usano, nelle piscine e terme italiane? Non saprei.
Tra l'altro, all'ingresso delle terme avrei dovuto comprare una cuffia, ma essendo diversamente tricotico (© Stefano Tartarotti), mi hanno detto che posso farne a meno.
Prima di tornare al nostro appartamentone in affitto (dove contiamo di preparare una bella cena hot pot), ci fermiamo in un supermercato a comprare dessert e vino. Riesco a trovare un Sangiovese italiano, indicazione geografica tipica, a 355 TWD (10 euro). Torniamo al Lin's Inn, prepariamo la cena, andiamo a dormire. Mezz'ora prima di mezzanotte salta il contatore, con l'aria condizionata accesa in tutte le stanze, tre docce in funzione e (probabilmente) una trentina di dispositivi sotto carica (io contribuisco con laptop, fotocamera, cellulare, pacco batteria, tablet di mia moglie). Bradley (cognato) ed io non riusciamo a sistemare il problema, poi arriva Jesse, la proprietaria, che resetta il tutto e ci rida' l'aria condizionata. Mi metto a scrivere e a preparare fotografie nell'angolo-ufficio della nostra bella suite. Non mi dispiacerebbe vivere in una casetta cosi'.
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