Viaggio a Taiwan 2016, 4° giorno: la dea Matsu, la base dei servizi segreti, le lacrime blu
Cose non t'aspetteresti di trovare, cose che vorresti trovare
20/10/2016 | Claudio_VL | 0 commentiQuarto giorno a Taiwan, 19/10/2016: siamo ancora sull'isola Nangan, nell'arcipelago delle Matsu, a una dozzina di chilometri dalle coste cinesi.
Nangan non e' un'isola enorme (10kmq, 7.500 abitanti; confrontala con altre isole), per cui non e' difficile raggiungere i posti che uno vuole vedere, anche solo perche' 1) sono indicati piuttosto bene, anche in inglese (e anche posti che uno non s'aspetterebbe di vedere indicati), e 2) spesso sono enormi e quindi visibili da lontano. E' il caso della statua di Chiang Kai-shek che da' il benvenuto nel porto, ed e' il caso della statua della dea Matsu (Mazu) che e' visibile da molti punti dell'isola.
La statua della dea Matsu
Questa statua della dea Matsu è davvero imponente, e si trova in cima ad una specie di gigantesca struttura a forma di barca, costruita in legno e metallo (e molto utile quando piove e tira un forte vento, come in questi giorni), per ricordare appunto che Matsu e' la dea protettrice dei marinai. Tanti gli ex voto, scritti o incisi su tavolette di legno.
Una lunga scalinata di granito scende nel "ventre" della barca sotto la statua e porta ad alcuni punti panoramici a pochi metri dal mare. Da li', a sinistra, si vede un tempio dedicato alla dea e, cosa lievemente piu' preoccupante, sette battelli militari da sbarco. Che sia iniziata un'invasione cinese? Fortunatamente hanno tutti la bandiera della ROC (Republic Of China, cioe' Taiwan; per chiarirti - o confonderti ulteriormente - le idee in proposito raccomando "Taiwan o Cina?").
Raggiungiamo il tempio, che e' in fase di ristrutturazione. Questo non e' ne' un restauro filologico ne' uno storico: cio' che e' rovinato, instabile, brutto si butta e si sostituisce con qualcosa di nuovo. Fa effetto pensare che questo sia l'approccio tradizionale della cultura cinese (e quindi anche taiwanese) a questo genere di lavori, ma del resto gia' a Singapore avevo notato che il senso pratico - e commerciale - prevale sulla nostalgia del passato: i vecchi quartieri venivano tirati giu' e sostituiti da case piu' nuove, pratiche, igieniche, linde.
La funzione del tempio - che e' chiuso per questi lavori - viene svolta temporaneamente da una bassa sala sotto il tempio, piu' simile ad un magazzino. Ci sono varie statue della dea Matsu, tra cui una che si dice essere "originale" (che in questo caso credo significhi semplicemente "molto vecchia", visto che la "dea" pare essere nata nell'anno 960).
Usciamo, facciamo un giro nel villaggio senza nome, nel senso che ho dimenticato di fotografare un qualsiasi cartello o oggetto col nome del villaggio in inglese, ammesso che ci fosse. Questo e' spesso un problema, quando si parla di posti a Taiwan: le differenti grafie della versione inglese dei toponimi (e a volte l'assenza delle stesse) rende complicato dire "vai nel villaggio XYZ". Per cui, se visitate Nangan e volete vedere la statua, seguite le indicazioni per "Mazu Statue" o "Matsu Jieshou Park"; Google Maps da' questa posizione.
E' arrivata la stanchezza, sono le 10,15 e siamo in piedi dalle 7, anche se poi siamo usciti dall'hotel alle 9. Entriamo in un 7-11 (ce ne sono oltre 5.000 a Taiwan, a volte li trovi anche nelle foreste) per caffe', cappuccini e altro.
Il villaggio è carino: una combinazione di vecchio e nuovo. Le insegne luminose dei negozi nella strada principale - ora spente - sono tutte delle stesse dimensioni e piazzate alla stessa altezza, per cui ci sara' pure un'accozzaglia di colori e di caratteri (per me illeggibili), ma c'è ordine nel caos. Meglio dei bilboards assurdi lungo le strade americane.
Entro un negozio di articoli ex militari per comprare un regalo ad un vecchio amico che non vedo da anni a cui ieri non sono riuscito a fare gli auguri di compleanno tramite Facebook. Dico nihao (buongiorno) e la titolare del negozio sorride, ricambia e inizia a parlarmi in cinese stretto. Non capisco una pippa, dico di nuovo nihao e me ne vado. A volte è meglio non provare a parlare le lingue straniere.
Poi ripartiamo e andiamo a visitare una distilleria nel Tunnel 88, che era originariamente un tunnel militare. Completato nel 1974, venne chiamato cosi' per festeggiare l'88esimo compleanno di Chiang Kai-shek.
Il tunnel e' visitabile gratuitamente, entriamo e vediamo una fila interminabile di anfore, che a quanto pare contengono del liquore. Passiamo poi al museo / negozio dell'azienda, chiamata Matsu Liquor Factory Industry, e osserviamo le bottiglie, molto decorate. Vedo due varianti del "Premium Kaoliang Liquor", a 40° e a 58°, e passiamo al banco degli assaggi: dopo un decimo del bicchierino che ha preso, mia moglie storce la bocca, il naso e gli occhi e mi passa il suo bicchiere. E' alcool. Nel senso che pare grappa, ma con poco aroma. O forse sono io che non sono esperto. Dopo aver bevuto anche il bicchierino che avevo preso per me, mi accorgo che i 25 gradi di temperatura esterna paiono essere aumentati di brutto.
11:40 di mattina, entriamo in un ristorante nel primo villaggio dopo la distilleria. Tre clienti, tre ragazzi dell'esercito (paiono sempre molto piu' giovani della loro eta'), piu' il titolare e il cuoco. Mangiamo qualcosa. Alla tv (accesa come in molti altri ristoranti a conduzione familiare aperti tutto il giorno tutti i giorni) parlano dei due tifoni che dovevano passare per Taiwan e che forse non arriveranno. Un servizio di un telegiornale parla di polemiche in una mensa scolastica taiwanese: una mamma sta facendo causa alla scuola di suo figlio di 6 anni, che pesava 16 chili e mezzo e ora - nel primo anno di scuola - ha già perso 300 grammi di peso. La mamma non gradisce.
Riprendiamo il nostro giro, sempre con l'auto prestataci da un poliziotto locale. Visitiamo una spiaggia (foto qui sotto e in cima alla pagina), ci sono barche di pescatori, e nella sabbia tanti gusci di cozza (e alcune cozze ancora intere).
Visitiamo una diga, che non e' niente di speciale. Carino invece il padiglione di fronte, nello Shengtian Park, viene voglia di sedersi nella posizione del loto e bersi un te' verde. Le ginocchia non lo consentono, e non abbiamo il te'.
Ci ritroviamo - per sbaglio o per scelta della guidatrice, Cognata n.1 - vicino al porto, sotto il tabellone con le parole di Chiang Kai-shek. Siamo stanchini, credo che nella mente di tutti e sei ci sia il pensiero per l'escursione serale nel Beihai Tunnel, durante la quale speriamo di vedere le famose lacrime blu, una luminescenza nel mare (e nelle acque del tunnel - causata da un'alga.
Osserviamo le onde lungo il molo. Poi ripartiamo.
Capitiamo per sbaglio (evidenziato dallo stupore della guidatrice) davanti al nostro albergo. Poi, proseguendo per una strada parecchio ripida, troviamo un cartello curioso.
"Mt. Yuntai Military Intelligence Building". Non so se la traduzione dal cinese all'inglese sia stata letterale, ma pare uno di quei cartelli sulle autostrade della Virginia che dicono "CIA - Black Ops turn 1st left - Political Subversion turn 2nd left - Ultra-secret missions turn 1st right and ask for Jim". Seguiamo il cartello, arriviamo ad un edificio militare visitabile dai cittadini taiwanesi. E cosi' io, che ero l'unico ad essere interessato, non posso entrare. Dopo cinque minuti mia moglie e il resto della comitiva esce, mi dice che non c'era niente di interessante, solo documenti e armi risalenti al periodo della guerra "calda" tra Taiwan e Cina. "Solo"!
Continuiamo a guidare sulle colline di Nangan, tra nuvole basse e salite ripide, con il solito caldo umido. Entriamo in un parcheggio vicino ad un laghetto. Tutti vanno verso il laghetto, io noto una statua.
Pare una statua all'escursionista ignoto, invece no. E' dedicata a Lee Hsiao-shih, un alpinista taiwanese famoso per il fatto che durante le sue arrampicate portava sempre con se' una statua della dea Matsu. Lee mori' nel 2013, durante un'escursione sul Lhotse, la quarta piu' alta montagna del mondo.
Rientriamo in albergo per un po' di siesta, sono le 16.
Visita notturna al Beihai Tunnel per vedere le "blue tears"
Ore 18,00: usciamo dall'albergo. Ore 18,45: siamo all'ingresso del Beihai Tunnel (come avremo fatto a metterci cosi' tanto? Ma parlare e' facile, quando guida qualcun altro).
Tutto chiuso, tutto spento: mi chiedo se questo sia un pacco, se la "gita" sia una cosa molto poco ufficiale, organizzata magari da un dipendente del visitors centre per mettersi in tasca qualche soldo in più. Pero' l'ingresso del tunnel e' illuminato, quindi entriamo e aspettiamo, dopo le 19 inizia ad arrivare gente. Guardo il diorama dei 10 soldati che scavano e mi viene in mente una storia da paura alla Blair Witch Project.
Arriva il team che gestisce le visite notturne al tunnel. Durante il briefing ci spiegano cosa ci sarà da fare: 20 minuti in barca, bisogna pagaiare e poi, quando il conduttore lo dira', ci fermeremo e agiteremo la nostra pagaia in modo da "risvegliare" (smuovere) le alghe e causare l'emissione di luce. Le istruzioni fotografiche sono molto precise: "dimenticatevi di usare il cellulare", dice il leader, "ci vuole una reflex professionale". Guarda me e la mia D300. Raccomanda 6400 ISO, esposizione da 30 secondi, temperatura colore 2500K, messa a fuoco manuale, e un'altro paio di cose, che mia moglie mi traduce, chiedendomi "Ha senso o sta sparando cavolate?". Ha senso, ha senso, le dico. Ma non bastera', purtroppo.
Saliamo nelle barche, pagaiamo e ci fermiamo quando ci viene detto di farlo. Iniziamo a scuotere le pagaie. Piccoli puntini luminoso si vedono nell'acqua, questa ricompensa visiva porta quasi tutti a pagaiare come pazzi, i puntini diventano piu' numerosi, sollevare acqua con la pagaia e spruzzarla lontano e' piu' efficace che scuotere solamente la pagaia in acqua... ma i tanti puntini luminosi (che tra l'altro oggi non sono blu ma bianchi) non sono dei LED luminosi, e lo schermo della mia Nikon mi dice che le mie foto sono completamente nere. Ci sarebbero voluti 64.000 ISO, non 6.400, questa sera! E comunque ... immaginate un tempo di posa di 30" su una barca che si muove, oscilla, con gente che ti sposta involontariamente... non c'era speranza di fare UNA foto decente.
Usciamo, torniamo nel villaggio piu' vicino all'albergo, mangiamo. Ottimi involtini dolci fritti (con un retrogusto di arachidi?). Non scherzo. Provateli. Cancellano quasi la delusione per le mancate lacrime blu.
Argomenti: appunti di viaggio, destinazioni, foto Taiwan, racconti, Taiwan
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