Il viaggio della vita e l'effetto Wolowitz
Parliamone, ma non troppo
02/02/2019 | Claudio_VL | 0 commentiPochi mesi fa, una coppia di miei amici e' andata in vacanza - in luna di miele - in Nuova Zelanda. Un viaggio costoso (visitai la Nuova Zelanda partendo da Singapore dove vivevo, e anche cosi' non fu certo una viaggio low cost), che richiede mesi di preparazione e settimane lontano dal lavoro e da casa, per andare da un capo all'altro dell'Isola Della Lunga Nuvola Bianca. Un viaggio che, anche dopo il ritorno a casa, occupa uno spazio mentale importante: una volta, un viaggio del genere l'avremmo classificato come "viaggio della vita", uno di quegli eventi memorabili che nella vita capitano una sola volta e che verranno raccontati a figli, nipoti e, potendo, pronipoti.
Come Howard Wolowitz, uno dei personaggi di The Big Bang Theory.
Ad Howard, ingegnere aerospaziale, capita quasi per caso di dover andare nello spazio, sulla ISS (International Space Station), in quanto e' l'unico che sa come riparare una parte essenziale della stazione. Al ritorno ne parla con tutti, continuamente. O meglio: inizia a parlare di questo evento unico, irripetibile, il suo viaggio della vita, ma si accorge che i suoi interlocutori hanno quella faccia da "ma basta, dai, che palle".
Ecco, ai miei amici tornati dalla Nuova Zelanda capiterà la stessa cosa. Non subito, soprattutto se hanno amici formali o pazienti (capita anche questo), ma succederà.
Ecco definito l'effetto Wolowitz (o sindrome Wolowitz del viaggiatore): quando torni a casa dopo aver fatto o visto qualcosa di eccezionale, memorabile, intenso, ne sei entusiasta e ne vuoi parlare, ma dopo un paio di volte gli amici ti mandano a stendere.
E' difficile trovare un pubblico perennemente ricettivo!
Immagine: screencrush.com
Argomenti: antropologia spicciola, ritratti di viaggiatori
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