NO al doppiaggio, motivo n.14: Stefano Accorsi parla italiano anche a Taiwan

Che ci piaccia o meno

28/07/2020 | Di Claudio_VL | Commenti: 0

La mia campagna NO AL DOPPIAGGIO continua imperterrita, anche durante questa quarantena taiwanese. L'obiettivo e' semplice: convincervi che guardare i film e i telefilm in lingua originale coi sottotitoli e' meglio che perdere la recitazione vocale degli attori a causa del doppiaggio. Imparare due parole nuove in una lingua straniera non e' mai una cattiva idea. E dire "mi piace molto come recita l'attore X" e' imbarazzante, se non hai mai neppure sentito la sua vera voce.

Questa volta parliamo di film in lingua originale da una prospettiva differente dal solito: come ho detto prima, sono a Taiwan, isolato in due camere per quattordici giorni, mi ritrovo quindi a guardare parecchi film. Tra le valanghe di supereroi e robottoni (Pacific Rim, Transformers vari, ma anche Mazinga Z Infinity), a volte capita di trovare anche film differenti, incentrati su rapporti familiari, dialoghi, sentimenti. A volte si trovano persino film italiani (non vi fate illusioni: capita molto raramente, sia a Taiwan che in Inghilterra, negli Stati Uniti e a Singapore). Giorni fa ho visto infatti Veloce come il vento, film del 2016 di Matteo Rovere. Ed era in italiano, coi sottotitoli in cinese tradizionale (quello usato a Taiwan e a Hong Kong ma non in Cina).

Ecco una scena con un dialogo tra i protagonisti Giulio Accorsi e Matilda De Angelis, ripresa con uno smartphone:



Immaginatevi Accorsi che parla in cinese mandarino per via del doppiaggio. O in norvegese. Pensate a quanta intensità perderebbe il film se la voce di De Angelis venisse sostituita con quella di un'altra interprete. Pensate al fatto che, vedendo un film americano doppiato in italiano, vi perdete il 50% della recitazione, perché anche la voce di un attore e' parte del suo repertorio interpretativo.

Oggi mi va di citare altri articoli critici verso il doppiaggio (non verso UN doppiatore specifico, verso l'idea di derubare gli attori della loro voce originale):

Da Esquire:

Stiamo dicendo (...) che l’era del doppiaggio italiano è finita, ora c’è un nuovo tipo di spettatore, molto più sensibile e al tempo stesso molto più esigente, che non si lascia incantare dalla magia della voce dei doppiatori italiani. È tempo, forse, di andare avanti. Ed è anche tempo di capire una cosa: i doppiatori non migliorano una pellicola; non fanno un lavoro ex-novo; si limitano – e non è poco, per carità – a rimaneggiare e a sviluppare in chiave italiana un’interpretazione che già c’è stata. Si ispirano all’originale; prendono da quello tutto il prendibile. Al più, eccolo il problema, siamo noialtri spesso che addirittura ignoriamo quanto siano belle e convincenti le voci originali. (...) Sì, che bravi i doppiatori italiani. Ora, però, basta.


Da hallofseries.com:
Serie rivelazione della BBC, Sherlock (...) è stata ambientarla in epoca moderna, stravolgendo tutto, ma mantenendo (quasi) intatta l’essenza. (...) in Italia, questa serie è ancora un po’ di nicchia, proprio a causa del doppiaggio, che non rende per niente la bellezza dell’originale. Non a caso, è stato doppiato tre volte, dando al protagonista tre voci diverse, nessuna delle quali azzeccata. Vuoi l’impossibilità di sostituire una voce calda e profonda come quella di Benedict Cumberbatch, la star del momento, vuoi la complessità di rendere la bravura magistrale di un attore come Andrew Scott (alias Moriarty), vuoi la difficoltà di rendere i giochi di parole in cui Gatiss eccelle, la serie in Italia proprio non decolla. A meno di non guardarla in lingua originale. E allora tutto cambia…


Dal sito Grey-Panthers.it:
Il caso dei casi (...) si chiama però Oreste Lionello. O meglio, il Woody Allen di Oreste Lionello. I fautori sono soliti portare questo binomio come esempio specchiato di doppiaggio e dei suoi fasti. (,,,) Anche qui basta un semplice confronto e si capisce l’inghippo. Lionello, in realtà, non ha mai doppiato Allen: ha sempre rifatto Allen. Alla sua maniera, come lo vedeva lui, come voleva che fosse. (...) Il nostro eroe, infatti, reinterpretava, sovrapponeva alla maschera originale del comico yiddish quella che lui riteneva più consona al pubblico italiano. (...) Peccato che tutto ciò si chiami caricatura. (...) Come se un direttore d’orchestra desse all’esecuzione della Nona di Beethoven la cadenza di una tarantella. Perché così piace di più alla gente.


Guardando un film doppiato, guardi un film che e' stato fatto per piacerti. E va bene. Ma non credere di guardare il film originale.


Argomenti: cinema, italianità, no al doppiaggio, Taiwan

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